COME INNOVARE LE COMMUNITY CON DAMIANO RAMAZZOTTI

COME INNOVARE LE COMMUNITY CON DAMIANO RAMAZZOTTI

di Michele Mereu

Grazie ai social network le community online sono diventate ancora più diffuse e popolate. I vecchi forum dei primi anni 2000 permettevano un’interazione limitata, l’evoluzione della tecnologia invece ha permesso attraverso i social network di aumentare le possibili azioni da compiere all’interno di una community, mostrando quindi le possibili evoluzioni delle stesse, soprattutto in ottica business.

Oggi vediamo sempre più aziende e community interconnesse, attraverso partnership o accordi commerciali o anche a livello di strategie di marketing, molte aziende creano community per studiare il proprio pubblico, testare e fidelizzare. 

Per questi motivi abbiamo invitato al nostro prossimo live, che si terrà sui nostri canali Linkedin e Facebook mercoledì 30 marzo alle 16:00, Damiano Ramazzotti. Vi anticipiamo i temi del live attraverso questa intervista. Buona lettura.

 

CIAO DAMIANO, RACCONTACI DI TE 

“Vengo originariamente dal mondo No Profit dove lavoravo come facilitatore e formatore in progetti di dialogo interculturale e partecipazione giovanile. Da li mi sono interessato al tema di come abilitare communities (no profit e non) a come aiutarle a meglio ingaggiare i propri membri e ho intuito che per farlo servisse della tecnologia. Per questo ho cercato di formarmi nel mondo delle startup, facendo corsi di vario genere (tra cui il Founder Institute, partecipando a contest, e costruendo un prototipo di WeTipp l’azienda che avremo poi costituito. Durante questo processo abbiamo avuto la fortuna di vincere il premio TechGarage grazie al quale ho avuto l’occasione di andare in Silicon Valley e conoscere Davide Dattoli, anche lui partecipante del tour.

Da questo incontro è nato un accordo molto strano, ma molto innovativo: che io lavorassi per Tag come Head of Community e poi COO, mentre al contempo avremmo sviluppato internamente il prodotto di cui avevo in mente. Dopo 18/24 mesi avrei poi potuto “spinoffarlo” come una mia società. Così è stato e da lì ho fatto il classico percorso dello startupper che cerca finanziamenti da angel investors, porta il prodotto sul mercato e trova le prime revenues. In questo percorso abbiamo lavorato con il MIUR, la Commissione Europea, Generali Assicurazioni e molti altri. Da questa esperienza è nato The Community Atlas, cioè il più grande database per communities.”

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COME DEFINISCI LA TUA PROFESSIONE?

“Penso che la migliore definizione per il mio ruolo sia quella di “founder”. L’imprenditore si divide spesso tra chi è in grado di costruire un prodotto da zero inventato un nuovo modello di business (un bravo “founder”), e chi invece è in grado di farlo crescere e scalare (un bravo “amministratore”). La prima è sicuramente quella che mi appassiona di più.”

 

COSA TI APPASSIONA DI PIÙ DEL TUO LAVORO?

“Mi appassiona tutto il processo di costruire da 0 un nuovo modello di business che non esisteva prima. E’ un processo che richiede una analisi pedissequa del problema che si vuole risolvere, delle sue cause e dell’efficacia delle soluzioni attuali…ma che al contempo richiede creatività e capacità di pensare fuori dagli schemi. E’ anche un processo che richiede una interazione costante con il cliente finale o l’utente potenziale, per iterare continuamente sulla idea. Mi piace molto il processo per cui si parte da una idea di base, per poi ritrovarsi con qualcosa di molto diverso seppur correlato.”

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PARLACI DEL TUO PROGETTO E DI COME SPERIMENTI

“The Community Atlas è il più grande database di communities al mondo, con oltre 365k communities mappate su 68000 argomenti in 187 paesi. 

  • Aggreghiamo le loro metriche per individuare quelle più ingaggiate, 
  • aiutiamo le aziende a fare decisioni “data driven” su quali contattare
  • e permettiamo alle communities di condividere opportunità di lavoro ai propri in cambio di reward.

Per sviluppare il progetto siamo partiti da due assunti di base:

  • Le aziende cercano le communities ma non sanno ne trovarle ne selezionarle
  • Le communities lasciano una grandissima traccia di sé online, che ci permetterebbe di individuare e trovare le migliori

Siamo partiti facendo un prototipo con google spreadsheets, per raccogliere dati con dei semplici script, e mostrarli con dei grafici in Google Data Studio. E’ bastato quello per raccogliere l’entusiasmo dei nostri investitori che ci hanno invitato a proseguire l’esplorazione. Da lì abbiamo piano piano creato lo strumento, mentre dall’altra ho cominciato ad intervistare communities e diversi tipi di società per capire le loro necessità. In questo processo abbiamo capito 3 cose:

  1. La nostra prima “assumption” era che moltissime aziende avrebbero voluto accedere al nostro database e trovare le migliori communities…ma molte non sapevano esattamente cosa farci. 
  2. Abbiamo provato ad offrire dei report di mercato pensando che fosse utile ad educarle… ma ci siamo resi conto di non poter competere con strumenti di social media analytics gàa presenti sul mercato, seppur occupando una nicchia non coperta.
  3. Abbiamo infine capito anche il più grande problema, dopo l’individuazione di communities…era quello di contattarle. 

Da lì abbiamo capito che:

  1. Dovevamo rivolgerci esclusivamente ad aziende che già avevano una strategia di collaborazione con communities…piuttosto che aziende che avremmo noi dovuto educare. 
  2. E che dovevamo automatizzare al 100% il processo con cui le aziende contattava le communities.

Da lì ha cominciato a funzionare! Sul fronte communities invece abbiamo capito un’altra cosa: non avendo il controllo su ciò che le aziende offrivano alle communities contattate… la qualità della nostra offerta era troppo variabile per le communities. Per questo abbiamo aggiunto ai nostri servizi un sistema di “recruitment bounties”, dove le società possono mettere dei reward economici per chi suggerisce o porta delle persone che vengono poi assunte.

In questo modo siamo ora in grado di: 

– connettere communities con aziende già interessate a collaborare con loro, 

– offrire alle communities dei reward economici che aiutano i leader e i propri membri a guadagnare diffondendo opportunità di lavoro nel proprio network.”

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COME SECONDO TE BUSINESS E COMMUNITY POSSONO AIUTARSI A VICENDA E COME PREVEDI IL LORO FUTURO?

Le communities sono l’opportunità inesplorata che gli influencers erano anni fa. Sono gruppi di persone a metà tra un consumatore ed un influencer, spesso talmente appassionate di una tematica dal vedersi ogni settimana nel mondo reale per parlarne. Sono quindi ottimi beta testers, early adopters e talenti da assumere. La figura del community manager inoltre, offre una opportunità unica: un canale che garantisce all’azienda un contatto di valore, e ai membri che il contatto sia di qualità. Ancora più di un influencer, la reputazione di un community leader è chiave e fa da filtro per selezionare opportunità di valore.

Una volta costruito un rapporto di fiducia con un community leader, si ha un asset strategico molto difficile da replicare: delle relazioni umane reali. Infine le communities offrono alle aziende un’opportunità per scoprire quello che accadrà domani: un’occasione per i manager di andare nel mondo e conoscere dal vivo i propri utenti: questo può permettere loro di creare prodotti migliori e anticipare importanti trend di consumo. Le communities invece, al contatto con le aziende, hanno la possibilità di diventare auto-sostenibili: trasformando un’attività hobbistica in qualcosa di professionale sia per i community leader che per i propri membri.

Possono fare crescere professionalmente i propri membri con opportunità di lavoro e al contempo ottenere contenuti di valore dalle aziende più interessanti. Per me le communities saranno uno degli attori chiave dell’economia del 21esimo secolo. Hanno la capacità di guidare l’adozione tecnologica di migliaia di persone e questo da loro un grandissimo potere che ad ora non è ancora valorizzato. Penso che si evolveranno per la creazione di una vera e propria “internet of communities” con dati in mano agli utenti ed applicazioni specificatamente create per loro.

Questa è anche la nostra vision e noi vogliamo diventarne un abilitatore.

 

 

COME CONTATTARCI

Noi di AppY Lab crediamo nell’innovazione digitale e tecnologica, per questo ogni giorno lavoriamo ai progetti dei nostri clienti con tutta la passione che possiamo metterci.

Per accedere ai nostri servizi basta rivolgersi a noi attraverso i molteplici canali di comunicazione che mettiamo a disposizione.

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In alternativa puoi scriverci con più calma nel nostro Sito Web nella sezione Contatti. In alternativa è possibile chiamarci a questo numero 335 773 0521, potete anche scriverci un messaggio Whatsapp.

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